Malìa: la moda sostenibile made in Calabria
Flavia Amato è tornata in Calabria per fondare Malìa, con cui propone una moda chic e atemporale e riscopre i tessuti calabresi. Per esempio, sapevate che dalla ginestra si produce un filato?
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Oggi vi racconto la storia di Flavia Amato, che ha studiato e lavorato nelle Marche e poi ha scelto di tornare a casa, in Calabria, per fondare Malìa; con il suo brand propone una moda sostenibile, che valorizza le tradizioni tessili della sua regione.
Flavia Amato: con Malìa vorrei una filiera del tessile calabrese
Una passione per la moda e la scelta di svilupparla non a Milano, come sarebbe immaginabile, ma in Calabria, con un sorprendente ritorno nella terra natia. Non è cosa che suscita curiosità? E infatti, non appena nella mia timeline di Instagram è apparso un reel sponsorizzato di Malìa, il brand di Flavia Amato, sono corsa a guardare il suo profilo e a cercare la sua pagina web, per saperne di più. Prima indicazione utile: le sponsorizzate aiutano a raggiungere non solo nuovi clienti, ma anche chi, come me, ama raccontare storie belle e insolite dai territori meno immaginati di quest'Italia creativa, sana e vivace!
Andiamo dunque a Guardavalle Marina, in provincia di Catanzaro, per conoscere la storia di Flavia Amato e di Malìa, marchio con cui difende i valori autentici e profondi della slow fashion, la moda lenta, rispettosa dell'ambiente, grazie alla filiera sostenibile, pensata su misura, e per tutte le taglie, e attenta alla qualità dei tessuti.
- Flavia, come si appassiona alla moda una ragazza cresciuta in un piccolo paesino della costa ionica calabrese?
È successo probabilmente da bambina, quando disegnavo i figurini di Postalmarket e vedevo mia madre cucire e modificare i vestiti per lei o per noi figli. O magari quando con i miei cuginetti giocavo tra bottoni e fili della bottega di mia nonna, una delle prime ad aprire un negozio fornito un po' di tutto a Guardavalle Marina. Fatto sta che mi è sempre piaciuto disegnare e dopo il liceo artistico mi sono trasferita a Macerata, per studiare all'Accademia delle Belle Arti. Lì ho frequentato anche una scuola di formazione di modellista d'abbigliamento e un corso di formazione sulla sartoria artigianale, essendo affascinata dai due aspetti della sartoria, quello creativo e quello pratico.
- E poi hai iniziato a lavorare, sempre nelle Marche.
Sì, nelle Marche operano diverse aziende per terzisti, anche per marchi famosi della moda. E dietro le quinte ho visto cose che non mi sono piaciute. Sono rimasta choccata dal fatto che si lavorasse per grandi marchi del Made in Italy, ma di Made in Italy ci fosse poco o niente, sia per la qualità dei tessuti sia per le condizioni di lavoro. Sono cose che si sanno da anni, anche se se ne parla poco. Sentendomi mano a mano delusa, ho iniziato a voler creare qualcosa di mio, per proporre la mia idea della moda, basata su tessuti naturali e sul rispetto delle diverse tipologie del corpo femminile.
- E giustamente invece di trasferirti a Milano, capitale della moda, hai deciso di tornare in Calabria. Com'è andata?
È andata che l'Istituto Adriano Olivetti di Ancona ha fatto un bando per start up innovative, ho partecipato e ho seguito un percorso che mi ha aiutato a definire meglio le mie idee, con corsi di marketing, business plan, tutte informazioni utili a capire la solidità del mio progetto. E, facendo ricerche sui tessuti naturali, ho scoperto che in Italia c'erano solo due aziende che li producevano. A quel punto ho pensato alla lunga tradizione tessile della Calabria; la seta e la ginestra fanno parte della nostra storia. Qui tutti abbiamo avuto una nonna o una zia con il telaio, creare filati e tessuti era un'attività comune. E nel 2016 ho deciso di tornare. Ispirata da Brunello Cucinelli, spero di creare un domani una filiera del tessile che non sia solo Made in Italy, ma proprio Made in Calabria, partendo dalla fibra. Purtroppo ci sono lavorazioni, come quella del filato di ginestra, che si stanno perdendo, ma aprirò presto una scuola affinché anche i più giovani possano apprenderle e considerarle occasioni di lavoro, dato che la moda etica e sostenibile sta diventando una necessità.
- A cosa ti ispiri quando disegni?
Il mio è un lavoro al contrario: prima ricevo i tessuti e, in base a quello che mi ispirano, disegno. Come si è capito, per me i tessuti sono fondamentali, devono essere naturali, realizzati con filati sostenibili, che non siano nocivi per la pelle. In genere accodo le mie richieste a quelle di altre aziende, spesso acquisto i tessuti che avanzano e che rischiano di rimanere inutilizzati. Dal tessuto arriva l'ispirazione, pensando alla fisicità della donna. Non mi piace seguire le tendenze del momento, penso a quei capi senza tempo nell'armadio della mamma, che sono perfetti anche adesso. Materiale di qualità, disegno atemporale e studio in base alla tipologia del corpo che lo indosserà sono le mie linee guida. Per questo lavoro con il make-to-order, ovvero realizzo il capo dopo l'ordinazione, spesso su misura.
- E come funziona con le clienti del web? Come prendi le misure?
Nel nostro sito si possono acquistare i capi in taglia, secondo le misure indicate nelle schede, oppure personalizzati, in base alla propria fisicità. La maggior parte delle clienti sceglie ovviamente la seconda opzione e per prendere le misure ci sono due possibilità. Facciamo una videochiamata e le prendiamo insieme, così controllo che siano prese correttamente; oppure invio una videoguida, in cui mostro come si prendono e mi faccio poi mandare foto della cliente, così da avere chiara la sua fisicità e realizzare il capo su misura. Ho clienti di tutte le età, nell'Italia settentrionale, in Spagna, Francia, Svizzera. Qui in Calabria in tante mi cercano dopo aver conosciuto la mia storia, proprio per sostenere le idee di questa conterranea tornata a casa per fare impresa.
- Perché Malìa?
Malìa nasce dall'idea di un'amica grafica, perché volevo un nome breve e facile da pronunciare. Il mio sogno infatti è che un domani la fibra della ginestra e i nostri prodotti possano essere apprezzati all'estero. È sinonimo di fascino e d'incanto, ne parlava anche Dante, a proposito della malia di uno sguardo. La mia amica l'ha collegato al fuso, strumento antico e base, in fondo, del mio lavoro. A me è piaciuto e così è nata Malìa.
- Cosa hai conquistato e cosa hai perso, tornando in Calabria?
Ho perso la comodità, perché la Calabria è lontana da tutto, le infrastrutture sono carenti e in otto anni di attività non sono riuscita a trovare un consulente che mi aiutasse a partecipare a un bando europeo, nonostante abbia, o abbia avuto, le caratteristiche per farlo. Spesso le clienti mi dicono come sarebbe tutto più facile se fossi a Roma o a Milano ed è vero, avrei maggiore visibilità. Ma, lasciando da parte l'importanza dell'avere con me l'affetto della mia famiglia e di un marito marchigiano, che mi ha spronato e seguito in quest'avventura, qui ho conquistato il tempo, ho una vita lenta, di ritmi accettabili. Come qualunque imprenditore artigiano non ho veri orari e praticamente non stacco mai, ma è anche vero che se una mattina vedo il mare e decido di farmi una passeggiata sulla spiaggia prima di andare in atelier, posso farlo. Ed è bellissimo, ho fatto una scelta di cui non sono affatto pentita.
Il sito web di Malìa è malialab.com.
Su Instagram, @malialab_official
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