Agata Felluga: dagli chef stellati di Parigi alla sua trattoria toscana
La gavetta in Francia e poi l'apertura della Trattoria Cacciaconti, in un borgo toscano. Un cambio di vita radicale, premiato con l'ingresso nella Guida alle Osterie di Slow Food. In meno di due anni.
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Oggi vi racconto la storia di Agata Felluga, chef dalle scelte di vita radicali, che ha lasciato la Francia per la Toscana e ha vinto: la sua Trattoria Cacciaconti è sulla Guida delle Osterie d’Italia di Slow Food, a meno di due anni dalla sua apertura.
Agata Felluga: così la sua cucina maremmana ha conquistato Slow Food
Agata Felluga è romana, ha lavorato come chef in alcuni dei più importanti ristoranti stellati di Parigi, quindi si è trasferita a Strasburgo e poi a Bruxelles. Un paio di anni fa ha deciso di lasciare tutto per aprire la Trattoria Cacciaconti, a Rocchette di Fazio, piccola frazione da 23 abitanti di Semproniano, in provincia di Grosseto. Una scommessa vincente, "sono esattamente dove dovevo essere" dice.
Ho scoperto la sua storia su Instagram e le ho chiesto di raccontarmi come si fanno scelte di vita così radicali, che alla fine sembrano le più naturali del mondo.
- Da Roma e gli studi al DAMS a Parigi, per imparare a cucinare nei ristoranti stellati. E poi un'altra decisione forte, lasciare tutto per aprire una trattoria da 23 coperti in un delizioso borgo toscano. Sembrano scelte choccanti, lo sono state?
In realtà il trasferimento a Parigi è stato molto riflettuto: stavo studiando, ma volevo essere indipendente economicamente e mi sentivo frustrata perché, nonostante i tanti lavoretti, dipendevo sempre dai miei. E poi volevo imparare a cucinare bene, così mi sono data circa un anno per trasferirmi a Parigi. Ho iniziato a lavorare il giorno dopo essere arrivata, in fondo alla piramide, come lavapiatti. Avevo 21 anni e non sapevo neanche tenere un coltello in mano. Sono stata un anno in un ristorante italiano e poi otto anni in ristoranti stellati come l'Astrance, con lo chef Pascal Barbot. Tutte esperienze formative. Non solo i cuochi con cui ho lavorato mi hanno dato una chance, nonostante non avessi una formazione specifica, ma ho studiato tantissimo sui libri; mi dicevano che non si impara a cucinare sui libri, ma non è vero, servono sempre.
- Ma da dove nasce questo desiderio di imparare a cucinare?
Da una madre che cucina benissimo, una biologa che ha sempre sperimentato, dalla cucina francese a quella internazionale. Lei è triestino-tedesca, mio padre è istriano, interessato da sempre alla macrobiotica. Due stili completamente diversi in cucina, ma in casa si mangiava benissimo e in modo sano. Mi ha marcato anche un'esperienza a Parigi, intorno ai 15 anni: in un piccolissimo ristorante della Rive Gauche, avevo ordinato un'insalata di valeriana, crescione, formaggio roquefort e noci e mangiandola mi sono emozionata tantissimo, con le lacrime agli occhi. Parigi è entrata nel mio destino allora.
- Dopo ci sono state Strasburgo e Bruxelles.
Sì, a Strasburgo ho potuto conoscere i magnifici vignaioli alsaziani, con cui lavoro ancora oggi, do molta importanza ai vini. A Bruxelles sono stata durante il secondo lockdown, che mi ha fatto pensare a tante cose. In quel periodo venivo spesso in Italia a trovare i miei, trasferitisi nel frattempo in Toscana, a Rocchette di Fazio, dove passavamo tutte le estati. Ho visto questa trattoria, che esisteva con alti e bassi dal 2001; in quel periodo era chiusa e ho avuto un'illuminazione. Sono arrivata a maggio e l'ho comprata due mesi dopo, come se fosse stato quello che avrei sempre dovuto fare. Mi sono trasferita a ottobre e ho aperto la Trattoria Cacciaconti a gennaio 2022. È l'avventura più folle e, allo stesso tempo, quella con più senso della mia vita.
- Il bilancio di questi due anni?
Non avrei potuto fare una scelta migliore, sono il capo di me stessa e decido da sola. Da un punto di vista professionale, il primo anno è stata dura, c'erano ancora le misure e i distanziamenti del covid. Rocchette di Fazio non è una località di passaggio, bisogna proprio venirci, e nessuno mi conosceva. Ho sempre avuto le idee chiare su quello che volevo: un locale aperto a tutti, amici, turisti, clienti locali e delle terme di Saturnia, con prezzi corrispondenti a quest'idea, quindi non troppo alti, ma anche proporzionati ai costi delle materie prime e al mio lavoro. Nel 2023, ho deciso di iniziare a promuovermi, soprattutto nei social. Con il tempo è nata una bella comunità, anche con gli abitanti del borgo, i clienti che mandano i loro amici o che ritornano quando sono da queste parti. E poi a novembre l'uscita sulla Guida delle Osterie d'Italia di Slow Food, una sorpresa bellissima!
- Non te l'aspettavi? Non sai quindi chi e quando è venuto a mangiare da te?
Non ne ho la più pallida idea, sono felice che sia successo nel secondo anno di attività, perché le ricette erano più rodate. Avevo capito che stava succedendo qualcosa quando mi hanno chiamato per verificare alcune informazioni, ma quando ho preso in mano la Guida e a pagina 446 ho visto la Trattoria, con un testo estremamente preciso… è stato il momento più bello di questi 2 anni!
- Come definiresti la tua cucina?
Una cucina fondamentalmente maremmana, ma anche molto personale. Faccio tutto io, dalla pasta al gelato, meno caffè, pane e vino, per ora. Ho voluto abolire i contorni, perché mi faceva tristezza vederli tra secondi e dolci, come piccoli accessori sfortunati. Ho l'abitudine un po' francese di includerli nei secondi, per cui l'arista viene servita già con le patate o i funghi, la tagliata con la rucola o le carote, il pesce con giardiniera di verdura, un po' di riso o chinoa. Gli antipasti hanno sempre due scelte vegane, una rigorosamente senza glutine e sono quasi sempre vegetariani; i primi sono classici maremmani come tagliatelle al ragù, gnudi, gnocchi, pici, ma c'è anche il tagliolino nero alla bottarga di muggine. Non ho un menù cartaceo, ma una lavagna in cui scrivo i piatti del giorno, che si basano molto anche sulla stagionalità degli ingredienti. È una cucina abbastanza classica con influenze internazionali, la Francia, i miei viaggi… racconta la mia storia, in fondo.
- Cosa ti piace del processo del cucinare?
Tutto. È tutto emozionante, cercare le materie prime giuste, assaggiarle, trovare gli equilibri, valorizzare i prodotti di questo territorio, puntare sulla stagionalità, che è fondamentale. Recentemente ho provato la mozzarella di bufala con cedro di Sicilia tagliato fine fine con polvere di olive tostate e un po' di polvere di alghe, con poco olio e poco sale, un esperimento per curiosità ed è stato un successo. L'importante è sempre avere una trama di piatti e integrare al meglio i prodotti stagionali.
- Un piatto della tua trattoria che consiglieresti nella prossima, bella stagione?
Un piatto a base di verdure, magari selvatiche; mi piace molto raccogliere la bieta, per esempio, e poi usarla nelle mie ricette, anche secondo l'estro del momento.
- Essere donna in cucina è ancora difficile?
Eccome. Ci sono cose che noto più adesso, in Italia, che quando ero giovane e facevo la gavetta. E da una parte è meglio, perché adesso ho gli strumenti per difendermi che allora non avevo. Ci sono diffidenze, sì, e anche chi mi chiama chiedendo di parlare con "il" titolare, come se fosse ovvio che debba essere un uomo. C'è ancora molta strada da fare, ma spesso è un atteggiamento culturale da rivedere, non cattiveria.
La Trattoria Cacciaconti ha una pagina web ed è su Instagram.
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Sentivo che questa era una storia da gustare con calma e ho fatto bene a leggerla qualche giorno dopo l'arrivo, lentamente, come assaporando un piatto